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28 settembre 2017

Ceneri sospette. Sigilli all’Enel Brindisi: 31 indagati

Tratto dal Corriere del mezzogiorno

Ceneri sospette per fare il cemento
Sigilli all’Enel Brindisi: 31 indagati

Nel mirino c’è la qualità delle polveri utilizzate dalla Cementir di Taranto: contenevano gasolio e derivati. Bloccati 523 milioni, cifra pari all’ingiusto profitto


Militari della guardia di finanza di Taranto hanno eseguito il sequestro preventivo, con facoltà d’uso e l’obbligo di seguire prescrizioni, della centrale Enel Federico II di Cerano, a Brindisi, nell’ambito di un’inchiesta della Dda di Lecce su un presunto traffico illecito di rifiuti. Nell’inchiesta, che è diretta dal sostituto procuratore Alessio Coccioli, risultano indagate 31 persone per i reati attività di gestione di rifiuti non autorizzata e di traffico illecito di rifiuti. Oltre alla centrale Enel di Cerano, sono scattati anche i sigilli per lo stabilimento «Cementir Italia spa» di Taranto e per i parchi loppa d’altoforno, nastri trasportatori e tramogge del siderurgico Ilva di Taranto. Per tutti i siti è stata disposta la facoltà d’uso provvisoria per un termine non superiore ai 60giorni. I finanzieri hanno eseguito nei confronti di Enel un sequestro pari a 523 milioni e 326 mila euro (per il periodo settembre 2011-settembre 2016). Si tratta di una somma equivalente all’ingiusto profitto che avrebbe ricavato.

I nomi
Indagati rappresentanti legali, direttori «pro tempore» e dirigenti di Enel Produzione e Cementir Italia spa, nonché ex titolari, ex e attuali commissari straordinari dell’Ilva, ora in amministrazione straordinaria, e direttori dello stabilimento siderurgico che si sono succeduti nel tempo. Per Enel Produzione, sono indagati in 11:....... Infine gli indagati legati all’Ilva sono 13........ Indagate anche le tre società coinvolte.

La vicenda
Nel provvedimento è contestata la qualità del tipo di ceneri arrivate e utilizzate dalla Cementir di Taranto per produrre cemento, risultate non in linea con le norme di legge. In particolare, gli inquirenti, sulla base di perizie, ritengono che la composizione dei materiali utilizzati per creare cemento (trasferita dalla centrale Enel e dall’Ilva alla Cementir) non sarebbe conforme a quanto dichiarato: oltre alle polveri sarebbero state individuate tracce di altre sostanze come gasolio e derivati. Secondo gli inquirenti la successiva commercializzazione ha rappresentato per Enel un espediente dietro il quale «si è celato l’intento di reperire un canale di smaltimento di questi rifiuti, alternativo e più economico rispetto a quelli conformi alla normativa vigente». Peraltro la condotta, è stata ritenuta particolarmente grave tenuto conto che presso la centrale sono presenti impianti che avrebbero consentito lo stoccaggio e la separazione delle ceneri e che tuttavia non sono mai stati utilizzati.

27 settembre 2017

Wwf Italia e Bebo Storti contro il carbone: “Se dobbiamo farci male, perchè continuare ancora ?”

Tratto da Il Fatto Quotidiano

Wwf Italia e Bebo Storti contro il carbone: “Se dobbiamo farci male, perchè continuare?

È online il video per il web interpretato da Bebo Storti per la campagna Stop Carbone del WWF Italia, dal titolo “Se dobbiamo farci del male, perché continuare?”Nel video, ironico e provocatorio, l’attore si rivolge alla telecamera parlando alla partner che ha deciso di lasciare, con un bilancio costi-benefici della relazione che non può che portare a una rottura. Un sofisticato e divertente gioco di doppi sensi dove solo alla fine si scopre l’identità del co-protagonista del video: un cumulo di carbone su una sedia.

La collaborazione tra l’attore e l’Associazione del Panda spazia dal video al palcoscenico. Infatti, dopo un debutto in anteprima locale per la popolazione di Savona, domenica 24 settembre alle ore 21, nell’ambito dell’iniziativa Green City del Comune di Milano, il WWF Italia ospita presso i giardini della sua sede milanese in Via Tommaso da Cazzaniga la prima nazionale dello spettacolo teatrale “Sotto questo sole, la centrale a carbone e le colpe di nessuno”, scritto, diretto e interpretato da Bebo Storti, in scena insieme alla Compagnia dei Cattivi Maestri di Savona.
Attraverso il linguaggio del teatro, passando dal riso alla commozione grazie alla versatilità degli interpreti, l’associazione del Panda ha scelto di portare all’attenzione del grande pubblico la vicenda della centrale a carbone di Vado Ligure e il delicato rapporto tra salute, ambiente e lavoro, per stimolare una riflessione sulla inalienabile esigenza di far convivere i diritti di cittadini con lo sviluppo economico del Paese e la tutela del territorio.....
Lo spettacolo rientra tra le attività di comunicazione e pressione istituzionale e culturale che, attraverso la campagna Stop Carbone, il WWF Italia sta portando avanti in una fase della vita del Paese in cui si stanno prendendo decisioni importanti. Il Governo nelle prossime settimane pubblicherà la Strategia energetica nazionale, attraverso la quale si deciderà la traiettoria energetica dell’Italia per almeno i prossimi 20 anni. Per la prima volta si sta prendendo in esame la possibilità di una chiusura delle centrali a carbone, ma nella proposta del Governo si delineano gli scenari senza operare una scelta chiara e, quindi, la data effettiva dello stop. Per il WWF Italia, la chiusura deve avvenire entro il 2025, in linea con altri Paesi europei, dicendo addio ad una fonte fossile causa in Italia di circa 8 morti a settimana e di una spesa sanitaria annua calcolata di 1,4 miliardi di euro.
“L’accelerazione del cambiamento climatico e le sue preoccupanti conseguenze ci devono spingere a mettere in atto politiche energetiche ambiziose con obiettivi chiari e con l’individuazione puntuale degli strumenti necessari a conseguirli. Con questo intento, nei giorni scorsi, il WWF Italia ha elaborato e presentato ai ministeri dello Sviluppo Economico e dell’Ambiente le proprie osservazioni alla Strategia Energetica Nazionale 2017”. Dichiara la Responsabile Energia e Clima del WWF Italia che aggiunge: “Pur esprimendo apprezzamento per il fatto che la proposta del Governo assuma finalmente gli obiettivi climatici come uno dei cardini imprescindibili  del contesto in cui agire, abbiamo avanzato un insieme di proposte volte a indirizzare innanzitutto le politiche energetiche nazionali verso uno scenario energetico a carbonio zero. Il primo passo concreto è fare a meno del carbone, il combustibile che emette il più alto tasso di CO2 e di cui possiamo fare a meno da subito”.
È online anche la petizione MIGLIAIADIVITE (www.stopcarbone2025.org), promossa dal WWF Italia insieme a numerose realtà associative, tra cui Greenpeace e Legambiente, per chiedere la chiusura di tutte le centrali a carbone ancora presenti in Italia entro il 2025. Un evento a Roma chiuderà l’intenso mese di attivazione della campagna Stop Carbone. Con l’auspicio che la Strategia Energetica Nazionale sia davvero portatrice di una svolta verso un nuovo percorso energetico per il nostro Paese.
Stralcio da Il Fatto Quotidiano

26 settembre 2017

L'inquinamento dell’aria: danneggia gravemente anche i reni


Tratto da Quotidiano Sanita'

Inquinamento dell’aria: danneggia gravemente anche i reni


L’allarme arriva dagli USA dove uno studio importante anche per numero e qualità dei dati analizzati (forniti da Veterans Administration, EPA e NASA), dimostra che le polveri sottili, oltre ai danni noti su apparato circolatorio e polmoni, sono gravemente nocive anche per la salute dei reni.  Un monito importante, anche alla luce dell’epidemia di casi di insufficienza renale terminale nei Paesi occidentali. E non solo.

25 SET - ....Una corposa mole di ricerche ha preso le misure all’entità del fenomeno inquinamento dell’aria e alle sue ricadute sulla salute di apparato respiratorio e cuore, che ne possono venire essere gravemente danneggiati. Non mancano gli studi che collegano l’inquinamento atmosferico al rischio di alcuni tumori. E  non è ancora tutto. Un nuovo articolo appena pubblicato su Journal of the American Society of Nephrology dà un nuovo allarme, dimostrando che l’inquinamento dell’aria può creare danni anche seri ai reni.
 
Secondo i ricercatori della Washington University School of Medicine di St. Louis e dei Veterans Affairs (VA) St. Louis Health Care System (Usa), l’inquinamento atmosferico può contribuire a provocare infatti insufficienza renale cronica. L’evidenza è scaturita dall’analisi dei dati di funzione renale dell’enorme database dei Veterans Affairs - circa 2,5 milioni di persone seguite per un periodo di 8,5 anni, a partire dal 2004 - confrontati con i parametri di qualità dell’aria registrati e raccolti dall’Environmental Protection Agency (EPA) e dalla NASA (National Aeronautics and Space Administration).

I risultati dello studio suggeriscono che 44.793 nuovi casi di patologie renali e 2.438 nuovi casi di insufficienza renale nel periodo temporale analizzato possano essere attribuiti a livelli di inquinamento dell’aria che superavano la soglia fissata dall’EPA in 12 mcg per metro cubo di aria (la soglia di inquinamento da non eccedere secondo quando stabilito dal Clean Air Act del 1990, aggiornato nel 2012).
 
“Finora pochi sono stati gli studi ad aver analizzato la relazione tra inquinamento aereo e patologie renali nell’uomo – esordisce Ziyad Al-Aly, autore senior dello studio e associato di medicina alla Washington University – tuttavia, una volta analizzati i dati, il legame tra inquinamento e sviluppo di patologie renale appare chiaro”.

Il particolato fine può danneggiare i reni esattamente come fa con altri organi, in particolare cuore e polmoni. Le particelle microscopiche di polveri possono ostruire i piccoli vasi e, dato che la funzione dei reni è essenzialmente quella di filtrare il sangue dalle impurità, queste particelle possono andare a danneggiare la loro funzionalità. Livelli anche bassi di particolato possono impattare negativamente la salute dei reni, anche se naturalmente il fenomeno diventa più importante man mano che il livello di inquinamento peggiora.
 
Più alto il livello di inquinamento – sostiene Al-Aly – peggio è per i reni. E non c’è una soglia di sicurezza: la relazione tra patologia renale e concentrazioni di particolato appare evidente anche ben al di sotto delle soglie fissate dall’EPA”.
 
Oltre a considerare i dati del rilevamento delle centraline urbane forniti dall’EPA, in questo studio sono stati prese in considerazione le informazioni derivanti dai sensori presenti sui satelliti della NASA, che hanno fornito dati coerenti con quelli dell’EPA.
 
“Il vantaggio di utilizzare contemporaneamente i dati EPA e NASA – spiegano gli autori – è che le due agenzie utilizzano tecniche di rilevamento dati ben distinte tra loro, che tuttavia hanno prodotto risultati simili. Questa costellazione di evidenze suggerisce che l’esposizione cronica all’inquinamento dell’aria rappresenta un significativo fattore di rischio per lo sviluppo e la progressione delle patologie renali”.
Le aree geografiche più a rischio, secondo i risultati di questa ricerca sono quelle della California del sud e le vaste regioni del sud, midwest e nord-est.
 
Nel corso degli ultimi anni, i livelli di inquinamento si sono andati riducendo negli USA; tuttavia più di metà della popolazione statunitense vive ancora in aree caratterizzate da un importante inquinamento dell’aria, secondo un recente studio (2016) dell’American Lung Association. Ma nel mondo ci sono Paesi dove la situazione è decisamente più grave, come l’India e la Cina.
 
“Il nostro studio – conclude Al-Aly – suggerisce che il rischio e la progressione di insufficienza renale cronica è più pronunciato in presenza di elevate concentrazioni di polveri sottili. Questo dovrebbe portare a ulteriori studi per effettuare una valutazione più ampia di quanto l’inquinamento dell’aria sia responsabile delle patologie renali croniche”.
 
Maria Rita Montebelli

Ecoreati, i magistrati bocciano la nuova legge: «Manca tutela ambientale,Normativa insufficiente...»

Tratto da Il Mattino

Ecoreati, i magistrati bocciano la nuova legge: «Manca tutela ambientale»

Normativa insufficiente, controlli deboli e agenda politica distratta. La due giorni del Forum internazionale sull’economia dei rifiuti promosso dal Consorzio Polieco dei rifiuti a base di polietilene non ha risparmiato denunce. Mettendo insieme il mondo dell’impresa del riciclo, la legislazione nazionale ed europea, delle attività della magistratura e della ricerca, le dinamiche della gestione illecita dei rifiuti sono state approfondite sotto ogni punto di vista. Nette critiche alla nuova legge sugli ecoreati sono state riservate dal magistrato Gianfranco Amendola, pretore d’assalto autore di migliaia di inchiesta sulla tutela dell’ambiente. «Qualificando tutte le violazioni ambientali come ecomafia, si rischia di ingenerare l’opinione che ogni anno siano perseguiti migliaia di reati commessi da organizzazioni criminali - ha detto Amendola - invece è esattamente il contrario visto che la nuova legge ha fornito solo una procedura per evitare ai responsabili degli ecoreati il processo penale». «A far danno - secondo Catello Maresca, sostituto procuratore presso la Dda di Napoli - è anche l’assenza della tutela ambientale fra le priorità nell’agenda politica del nostro Paese».

«Il momento repressivo è invece, particolarmente necessario per colpire gli imprenditori criminali e prevederne l’espulsione dal mercato», ha rincarato Alessandro Milita, procuratore aggiunto presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, e già pm del processo Resit che ha condotto alla sentenza storica di condanna nei confronti dell’imprenditore ecomafioso Cipriano Chianese, per disastro ambientale ed inquinamento della falda acquifera. «I punti su cui il legislatore dovrebbe intervenire - secondo Milita - riguardano i delitti già realizzati ma non ancora accertati. Ci sono infatti, una serie di bombe chimiche, inesplose o parzialmente esplose e in questi casi il problema è quello di considerare il reato ancora in fieri poiché, anche se è stato compiuto decenni prima e non si è ancora manifestato.
E questi delitti dovrebbero essere puniti e non prescritti».

Per disinquinare il mercato, questo il tema del Forum arrivato alla nona edizione «è necessario – per il direttore Polieco, Claudia Salvestrini- stringere le maglie della legalità al fine di garantire la leale concorrenza fra le imprese del settore del riciclo, la tutela dell’ambiente e la salvaguardia della salute». E allora intensificare i controlli rispetto al rilascio delle autorizzazioni per gli impianti che spesso non hanno i requisiti necessari per gestire cumuli di rifiuti, è fondamentale. Impianti pronti a ricevere rifiuti solo nella logica di un mero profitto economico senza che questo sia però supportato da una adeguata e legale capacità di smaltimento. In alcuni casi mancano anche delle più elementari misure di sicurezze come un sistema antincendio o muri di compartimentazione.

..... «Nel 2014 siamo stati condannati a pagare 39milioni di euro ogni sei mesi, ora siamo scesi a 16 milioni di euro. L’obiettivo è però azzerare la cifra, bonificando tutti i siti censiti nel ’86», ha detto il generale Giuseppe Vadalà commissario per le bonifiche nazionali, dallo scorso marzo. «L’Italia non deve continuare a perdere fondi comunitari, deve aumentare ulteriormente la raccolta differenziata, promuovere azioni normative concrete sulla gestione delle discariche e stanziare maggiori fondi per stimolare il riciclo», ha commentato Helmut Maurer, della direzione generale Ambiente della Commissione Europea.

 

24 settembre 2017

Dopo Harvey & Irma: Intervista a Naomi Klein sui cambiamenti climatici

Dopo Harvey & Irma: Intervista a Naomi Klein

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AMY GOODMAN: Siamo su  Democracy Now!, democracynow.orgThe War and Peace Report.  Sono Amy Goodman.  Questo caos climatico, che sembra non arrestarsi più, ha spinto numerose celebrità a mettere in guardia contro i pericoli del riscaldamento globale.....  Ma cosa dobbiamo dire, non solo su quanto  dice il Presidente Trump, ma anche sulla mancanza di copertura mediatica su questo argomento e sulla mancanza di informazioni sulle connessioni che esistono tra gli ultimi terribili uragani, già passati e in arrivo, sugli incendi, le tempeste,  la siccità e su tutte le altre catastrofi che succedono nel resto del mondo e che ci fanno impallidire se mettiamo a confronto il numero dei decessi avvenuti nel nostro paese con i 1.300 provocati dalle inondazioni nel Sud asiatico ?
NAOMI KLEIN:......Credo che sia davvero il momento di spiegare le connessioni tra questi eventi, perché  gli scienziati del clima ci avvertono da decenni che viviamo su un pianeta più caldo ed il caldo tra rendendo questo : un pianeta estremo. E un mondo estremo diventa una specie di palla che rimbalza tra il troppo e il non abbastanza. Troppe precipitazioni che diventano eventi estremi, non solo la pioggia, ma anche la neve –  ricordiamoci di quelle bizzarre tempeste di Boston, poi ci sono inverni con poca neve e all’improvviso si scarica giù una quantità di neve mai vista – e poi non c’è abbastanza acqua, così si creano le condizioni perfette per i fuochi che bruciano e che scappano fuori da ogni controllo. Ma il fuoco è una parte normale del ciclo delle foreste, solo che quello che vediamo ora è molto di più, ecco perché vediamo incendi e fuochi in quantità mai registrate, per esempio nell’area urabana di Los Angeles, un filo di fumo che un paio di settimane fa ha attraversato il paese dal Pacifico all’Atlantico,  un intero continente coperto da un pennacchio di fumo, e nessuno che ne abbia parlato, perché era più importante parlare di  Irma che stava per arrivare giù in Florida.
Quindi, questo è il mondo estremo — stiamo cominciando a intravederlo — quel mondo dal quale  avevano cercato di metterci  in guardia. E sentiamo frasi come “la nuova normalità”, ma queste sono parole è un po’ fuorvianti, perché non credo che – in queste cose – esista una normalità. Vedi, è esattamente la imprevedibilità che dobbiamo cercare di capire. E penso che un mondo più caldo significhi  solo che ci sono sempre meno intervalli tra un evento estremo e un altro.
AMY GOODMAN: Quindi adesso abbiamo il sindaco di Houston, Sylvester Turner, che ha annunciato di aver nominato Chief Recuperation Officer di Houston, l’ex CEO della Shell Oil Company, Marvin Odum. Turner ha dichiarato in una intervista: “Con tutte le risorse e gli ingegni che esistono a Houston, per me è stato un passo naturale cercare qualcuno capace di risolvere i problemi e creare partnership pubblico-privato, e cercarlo fuori dallo staff del mio municipio, qualcuno desideroso di aiutarci nella ricostruzione dopo inondazioni senza precedenti.  …   E con questo arriviamo al tuo libro The Shock Doctrine: The Rise of Disaster Capitalism. Quando ci si trova in mezzo ad un disastro, come si deve affrontare per trasformarlo in una opportunità?
NAOMI KLEIN:  Bene, voglio dire noi dobbiamo reagire a crisi come questa. Le crisi sono messaggi. Sono messaggi che ci dicono che qualcosa non funziona nel sistema. Sai, non si tratta solo di  disastri naturali. Si tratta di disastri che sono diventati qualcosa di innaturale, che sono diventati innaturalmente delle catastrofi, certamente per effetto dell’impatto del cambiamento climatico, ma anche per effetto della deregulation, per effetto delle diseguaglianze e delle ingiustizie razziali.
E l’industria del petrolio ne è  il centro nevralgico. Se guardiamo al modo in cui una tempesta si trasforma da disastro in catastrofe, come è successo con Harvey, vediamo dove si può arrivare quando l’impatto dell’intersezione dei flussi dell’acqua, impatta con una industria del petrolio e del gas che sono state deregolate  e con una industria petrolchimica capace di creare una infernale zuppa tossica, come tu hai ampiamente detto, Amy, giusto?  E la stessa cosa accade con la violenza delle tempeste, che diventano ancora più forti per effetto dell’impatto globale provocato da queste e anche da altre industrie. Quindi, l’industria del petrolio e del gas sta rendendo più violento l’impatto delle tempeste a livello locale, cosa che abbiamo visto in città come Houston, e poi a livello mondiale, e questo per un effetto cumulativo della combustione  di tutti questi carburanti fossili.
E allora, chi andiamo a cercare per fare il responsabile della ricostruzione se non un ex CEO della Shell Oil, una delle più grandi società petrolifere che conosciamo — e di cui conosciamo le responsabilità — per l’impatto delle emissioni globali che provengono essenzialmente dalla combustione di materiali fossili. Questa roba dovrebbe essere lasciata dove sta e non dovrebbe essere usata. E questo parlando della Exxon, della Shell, della BP e delle altre società dell’industria e naturalmente del carbone, perché hanno tutte contribuito a rendere ancora più grave questo disastro. Quindi è davvero un mondo che si sta andando al rovescio, un mondo in cui quelli che sono i responsabili, quelli che dovrebbero pagare il conto dei disastri prodotti, invece vengono chiamati, come esperti, a pianificare come spendere il denaro pubblico, cosa questa che è una vera necessità ma che dovrebbe — in un mondo che avesse una mente sana  — essere speso per progettare una transizione veloce verso il 100% di energie rinnovabili, usando tutte le tecnologie disponibili. 
 Un progetto che potrebbe in effetti essere ridisegnato in tempi brevissimi e in modo equo e giusto, ma questo significherebbe che le persone che sono state maggiormente danneggiati dal modo di fare di oggi, quelle comunità che sono state avvelenate da queste industrie, quegli uomini che hanno respirato l’aria tossica, dovrebbero essere in prima fila nel possedere e nel controllare come si produce la loro propria energia rinnovabile, lavorandoci dentro, ecco, assicurandosi che i lavoratori che perdono il posto di lavoro perché le vecchie industrie chiudono, vengano prontamente riqualificati e impiegati nella produzione e nella economia di una nuova energia pulita.  Beh, pensiamo davvero che la Shell possa essere il buon pastore per guidare un processo come questo? Ovviamente no. ....
continua su Comedonchisciotte

23 settembre 2017

INQUINAMENTO INDUSTRIALE.7 MILIONI DI ITALIANI RISCHIANO PERICOLOSE RICADUTE SULLA SALUTE

Tratto da Talenti lucani

INQUINAMENTO INDUSTRIALE.7 MILIONI DI ITALIANI RISCHIANO

Risultati immagini per inquinamento industriale
Le aree a rischio inquinamento industriale con pericolose ricadute sulla salute sono abitate da circa sette milioni di persone. Lo ricorda Angelo Bonelli, coordinatore dei Verdi, dopo la notizia dei veleni rilevati nel sangue dei ragazzi in Veneto.
“La notizia dei veleni rilevati nel sangue dei ragazzi in Veneto purtroppo è la punta di un iceberg di un problema drammaticamente diffuso in tutto il Paese che è stato finora sottovalutato dal Ministero della Salute e da quello dell’Ambiente”, scrive Bonelli in una nota.
“Sono milioni le persone che vivono in aree da bonificare- ricorda Bonelli- il cui sangue è stato contaminato da inquinanti che causano malattie e problemi seri alla salute, tra i quali il cadmio, l’arsenico, il piombo, Ddt e Pcb, il Tbbp-A e il Pbde, i perfluoroctani (Pfc) e, ultimi arrivati, il Pfas e il Pfoa. Da Priolo a Porto Torres in Sardegna, dalla Valle del Sacco nel Lazio fino a Taranto con l’Ilva passando per la Laguna di Grado e Marano in Friuli Venezia Giulia, arrivando ai casi attuali in Veneto i danni ambientali e alla salute dei cittadini sono enormi e da sempre sottovalutati. Che la situazione sia drammatica- prosegue l’ecologista- è dimostrato anche da molte indagini scientifiche effettuate finora: nel nostro sangue c’è un po’ di tutto, soprattutto ciò che non ci dovrebbe essere. Alcune hanno rilevato fino a 73 sostanze chimiche artificiali (cioè prodotte dall’industria). Le persone analizzate avevano età comprese tra dodici e 92 anni, di tre generazioni diverse: nonne, mamme e figli. Ciascun componente familiare è risultato contaminato da un insieme di almeno 18 sostanze, molte delle quali presenti negli oggetti impiegati ogni giorno”.
Il grande problema oggi del Paese “da tempo denunciato da noi Verdi – afferma Bonelli – è che respiriamo l’aria inquinata dai veleni nelle città o in prossimità delle grandi industrie. E’ necessario che in queste aree ci siano maggiori controlli per impedire inquinamenti pericolosi per la salute dei cittadini e promuovere una serie di monitoraggi epidemiologici per tenere sotto controllo la presenza degli inquinanti nel nostro sangue e nei nostri polmoni. Ma se non si avvia un grande piano di bonifica delle aree inquinate – rincalza il leader dei verdi – e di conversione ecologica delle industrie inquinanti si rischia di dover fare i conti con un problema che coinvolgerà sempre più persone, visto che allo stato attuale sono più di 7 milioni i cittadini coinvolti in aree a rischio. La disattenzione e l’indifferenza- conclude Bonelli- con le quali la politica sta affrontando questi problemi sono inaccettabili.

Greenreport Pericolosi livelli di mercurio nelle giovani donne in età fertile di tutto il mondo

Tratto da greenreport

Pericolosi livelli di mercurio nelle giovani donne in età fertile di tutto il mondo

Centrali carbone e piccole miniere d’oro le cause principali
[22 settembre 2017]
Secondo il nuovo studio “Mercury in Women of Child-bearing Age in 25 Countries”, pubblicato  da Ipen (un  global public health & environment network) e dal  Biodiversity research institute (Bri), «Il mercurio, un metal neurotossico è stato trovato  livelli elevati in diverse regioni del mondo nelle donne in età fertile».
Dalo studio è emerso che   «Le donne delle isole del Pacifico e delle comunità vicine ai siti minerari di oro  in  Indonesia, Kenia e Myanmar, presentano un livello medio di mercurio molto più alto dei livelli considerati salubri dall’ Environmental protection agency Usa».
Lo studio è stato realizzato per misurare i livelli di mercurio che possono causare danni neurologici nell’organismo.  Ipen e Bri ricordano che «Il  mercurio nel corpo di un madre può trasferirsi al suo feto durante l gravidanza, esponendo il feto alla potente neurotossina durante lo sviluppo». Lo studio è il primo ad analizzare così tanti Pesi e regioni e  concentrarsi sulle donne in età fertile.
I ricercatori dell’Ipen hanno coordinato la raccolta di campioni di capelli di 1.044 donne in età fertile in 37 siti di 25 Paesi in tutti i continenti, mentre le analisi realizzate dal Bri hanno rilevato che «Il 36% delle donne valutate presentano livelli medi di mercurio superiori al livello consentito dall’Epa negli Usa di 1 ppm, oltre il quale si può presentare danno cerebrale, perdita di coefficiente intellettivo e danni renali e cardiovascolari». Inoltre, lo studio ha rivelato che il 55% dei campioni globali delle donne presenta un livello di mercurio superiore a 0.58 ppm, associato alla comparsa di danni neurologici fetali.
In tutto il mondo, lo studio ha riscontrato livelli particolarmente elevati di mercurio nei capelli delle donne che sono legati a tre cause predominanti di inquinamento da mercurio: centrali elettriche a carbone (una delle principali fonti di inquinamento degli oceani con mercurio che si accumula nei pesci a livello globale); piccole miniere artigianali di oro (artisanal small-scale gold mining – Asgm); siti locali inquinati da diversi tipi di industrie che sversano mercurio nell’acqua, nel suolo e nell’aria.
Nelle isole del Pacifico, lontane da ogni fonte industriale di mercurio, ma dove il pesce è il cibo primario, l’85.7% delle donne ha livelli di mercurio superiori a 1 ppm, e la maggioranza mostra livelli tre volte superiori al livello standard dell’Epa. Imogen Ingram di Island Sustainability Alliance, che vive alle Isole Cook, ha saputo che i suoi livelli di mercurio superno di 2.5 volte il limite consentito dall’Epa e spiega cosa si prova: «E’ davvero allarmante sapere che hai alti livelli tossici di mercurio nel corpo e che, senza saperlo, hai passato questo mercurio a tuo figlio. La contaminazione da mercurio nelle isole del Pacifico è alta perché mangiamo pesce. Però non chiedo che mi venga proibito di mangiare pesce. L’energia creata con il carbone, una delle principali fonti di contaminazione di mercurio negli oceani, è il vero colpevole. E’ ora di eliminarla».
Più della metà delle donne esaminate  nelle comunità vicino  piccole miniere d’oro in Indonesia, Kenya, Myanmar è Paraguay hanno livelli superiori a 1 ppm.  Lo studio evidenzia che «Con l’eccezione del Paraguay, dove il pesce non è un fonte proteica base, l’81% delle donne supera il livello di 1 ppm e le donne dei siti indonesiani presentano livelli da 3 a 9 volte superiori al limite del mercurio dell’Epa Usa».
Yuyun Ismawati, responsabile per le artisanal small-scale gold mining e vincitrice del Premio Goldman, ha ricordato che «Milioni di donne e bambini delle comunità dove si estrae l’oro con il mercurio sono condannati a un futuro nel quale il mercurio colpisce la salute degli adulti e danneggia il cervello in sviluppo dei loro figli. Mentre continua il commercio del mercurio, continuerà anche questa tragedia»......
Dal 24 al 29 settembre si terrà a Ginevra, in Svizzera, il summit mondiale della Minamata Convention on Mercury, entrata in vigore il 16 agosto 2017,  durante il quale i rappresentanti di governi di tutto il mondo discuteranno dell’attuazione del nuovo accordo internazionale legalmente vincolante- Lo studio sottolinea la necessità di linee guida per identificare i siti contaminati da mercurio, controllare i livelli di mercurio nel fisico degli esseri umani e adottare le iniziative per ridurre le principali fonti di inquinamento da mercurio: centrali elettriche a carbone, miniere Asgm.
Uno degli autori dello studio, David Evers, direttore esecutivo del Bri, conclude: «Questo studio fa risaltare l’importanza della cooperazione globale per risolvere  la contaminazione da mercurio. In tutto il mondo, l’inquinamento da mercurio si concentra nei sistemi marini e di acqua dolce. I punti critici biologici  del mercurio sono comuni a livello globale e sono associati a molteplici attività umane. Quindi, è essenziale che continuiamo a bio-monitorare gli sforzi per definire l’impatto potenziale sulle nostre comunità locali e sull’ambiente, con il fine di valutare l’efficacia della Minamata Convention on Mercury».

21 settembre 2017

Sabato mattina a Taranto un convegno per approfondire “una nuova valutazione del danno ambientale e il suo risarcimento”

Immagine storia relativa a inquinamento salute tratta da CORRIERE DEL GIORNO (Registrazione)             Tratto da Il Corriere del Giorno
Sabato mattina  a Taranto un convegno per approfondire “una nuova valutazione del danno ambientale e il suo risarcimento”
ROMA – Aumento della mortalità infantile del 21 per cento, delle malattie tumorali sempre per i bambini del 54 per cento, della mortalità in generale per il tumore al polmone e l’infarto al miocardio del 13 per cento. Sono solo alcuni dati choc delle varie indagini epidemiologiche condotte sulla città di Taranto, con particolare riferimento ai rioni Tamburi e Paolo VI, ormai tristemente noti in Italia per essere quelli più esposti a uno dei casi di inquinamento ambientale più grave del Paese, quello legato all’Ilva.

lo stabilimento Ilva di Taranto
Evidenze che, come  spesso accade in queste circostanze, sono oggetto di accese discussioni e di interpretazioni divergenti.....
Negli ultimi mesi diversi cittadini della città pugliese si sono rivolti a Studio 3A  chiedendo di essere assistiti rispetto alla grave situazione ambientale con cui devono convivere e alle sue ricadute: di qui l’idea da parte della società di promuovere un’occasione pubblica di confronto sulle possibili strategie anche alternative da attuare
Due, in particolare, i punti sui quali batterà l’azienda: Il primo parte dalla constatazione che la maggior parte dei grandi processi penali per inquinamenti e danni alla salute dei lavoratori e/o dell’intera comunità si sono conclusi con degli amari nulla di fatto, vedi quello per le morti da Cvm al Petrolchimico di Porto Marghera o per l’amianto di Casale Monferrato. Dibattimenti trascinatisi per decenni, centinaia di costituzioni di parte civile da parte delle vittime o dei loro familiari, e poi arriva la prescrizione a negare ogni forma di giustizia. La nuova legge del 2015 che per la prima volta ha introdotto i delitti contro l’ambiente nel codice penale rappresenta un passo avanti, ma non risolve la questione, legata ai ben noti problemi di lentezza della giustizia italiana.
Anche per questo la filosofia di Studio 3A è quella di non aspettare l’esito dei processi penali ma di avviare senza indugio – non appena la magistratura metta dei punti fermi circa le responsabilità del soggetto inquinatore – azioni civili per il risarcimento dei danni, perché in questo modo è più semplice far valere i diritti dei danneggiati ma anche perché ciò costituisce il miglior deterrente contro i reati ambientali: le aziende sono sensibili più di tutto agli aspetti economici e così si toccano anche e pesantemente sul portafoglio.
L’altro aspetto fondamentale, che non viene quasi mai (colpevolmente) valorizzato in questi casi, è quello legato al cosiddetto danno da angosciaLa storica sentenza numero 2515 del 21 febbraio 2002 della Corte di Cassazione Civile, Sezioni Unite, per il “caso Seveso“, ha riconosciuto il diritto di farsi risarcire il danno esistenziale, anche soltanto sotto il profilo della paura e dell’angoscia, e anche laddove non ci si trovi in presenza di patologie fisiche. Chi, insomma, dimostra di aver subito un turbamento emotivo in presenza di un inquinamento ambientale va risarcito anche in mancanza di lesioni biologiche. Un principio, questo, applicabile in tutta evidenza anche al “caso Taranto”, indipendentemente dalla gravità dei danni alla salute, perché qui non solo i rioni più colpiti ma tutta una comunità ha comunque subito un danno, siamo di fronte a migliaia di persone che vivono nel terrore di poter sviluppare un domani malattie gravi, che ad ogni folata di vento più intenso devono sbarrare le finestre e chiudersi in casa: un vivere che non è vivere. 

Grandi investitori istituzionali alle banche: “Fate di più sul fronte del clima”

Tratto da Lifegate
Cento grandi investitori alle banche: “Fate di più sul fronte del clima”
Un gruppo di investitori istituzionali ha lanciato un appello alle 62 più importanti banche del mondo: “Garantiscano trasparenza sul clima”.

I grandi gruppi finanziari internazionali devono dimostrarsi in grado di prendere in considerazione seriamente i rischi ambientali legati ai loro investimenti. Devono fornire maggiori informazioni in merito, garantire trasparenza e svelare in che modo intendono limitare i rischi e sfruttare le opportunità legate ai cambiamenti climatici”. È con queste parole che un gruppo di cento grandi investitori si è rivolto, in una lettera aperta, agli amministratori delegati di 62 tra le più importanti banche del mondo.

“Per limitare il riscaldamento globale anche le banche devono cambiare”

Tra i destinatari dell’appello figurano Bank of America, Deutsche Bank, HSBC Holdings, JP Morgan Chase, Mitsubishi UFJ Financial Group, BNP Paribas, Australia and New Zealand Banking Group, Société Générale, Crédit Agricole e Natixis. “I cambiamenti climatici e la transizione verso un modello a basse emissioni generano rischi e opportunità concrete per gli investitori. Soltanto assicurando maggiore trasparenza si può consentire a questi ultimi di poter giudicare e mettere a confronto le performance ambientali di ciascuna banca”, ha spiegato Isabelle Cabie, della società di gestione del risparmio lussemburghese Candriam.
Limitare la crescita della temperatura media globale a due gradi centigradi entro la fine del secolo implica un cambiamento importante nel nostro modus operandi finanziario ed economico. Per questo vogliamo comprendere in che modo il problema sia affrontato dai massimi dirigenti dei principali gruppi internazionali”, le ha fatto eco Lauren Compere, della società americana Boston Common Asset Management.

“Chi investe nel carbone americano rischia di perdere 104 miliardi di dollari”

Gli investitori citano in particolare uno studio universitario nel quale si sottolinea come gli investimenti rischino perdite comprese tra il 5 ed il 20 per cento del valore complessivo dei portafogli se non si farà abbastanza per ridurre le emissioni di gas ad effetto serra. Un’altra analisi più recente, curata da Carbon Tracker, ha parlato di 2.300 miliardi di dollari di valori di Borsa che potrebbero volatilizzarsi a causa della svalutazione di imprese particolarmente inquinanti, a partire da quelle attive nel settore petrolifero.
Infine, una settimana fa, la stessa ong ha pubblicato un rapporto nel quale si dimostra che gli azionisti delle grandi compagnie dell’energia degli Stati Uniti rischiano di perdere fino a 104 miliardi di dollari. Ciò perché, ad esempio, il 78 per cento delle centrali a carbone americane non sarà più competitivo di qui al 2025.

Servono investimenti colossali per centrare gli obiettivi dell’Accordo di Parigi

“Il gas a buon mercato e le energie rinnovabili continueranno a erodere il mercato del carbone. Il presidente Donald Trump si è impegnato a rilanciare il settore, ma la realtà è che l’eliminazione progressiva dell’industria carbonifera permetterà di risparmiare miliardi di dollari e di migliorare l’economia statunitense”, ha dichiarato Matthew Gray, co-autore del rapporto, secondo quanto riportato dal magazine francese Novethic.
I firmatari della lettera alle 62 banche indicano infine che, per poter essere certi di centrare gli obiettivi fissati dall’Accordo di Parigi, occorrerà investire non meno di 93mila miliardi di dollari, di qui al 2030. L’equivalente di quello che si prevede possa essere il valore del prodotto interno lordo mondiale di un anno intero, nel 2020.

20 settembre 2017

Milano: Domenica 24 settembre “Sotto questo sole, la centrale a carbone e le colpe di nessuno”




Roma, 18 settembre 2017

Milano: Domenica 24 settembre “Sotto questo sole, la centrale a carbone e le    colpe di nessuno” scritto,                         diretto e interpretato da Bebo Storti
Spettacolo teatrale promosso dal                          WWF Italia  e Officine Soliman
Ospitato presso la sede del WWF Italia di Milano,
Via Tommaso da Cazzaniga (Metro Moscova)
Domenica 24 settembre alle ore 21, nell’ambito dell’iniziativa Green City del Comune             di Milano, il WWF Italia ospiterà presso i suggestivi giardini della sua sede milanese in Via           Tommaso da Cazzaniga la prima nazionale dello spettacolo teatrale “Sotto questo sole,             la centrale a carbone e le colpe di nessuno”, scritto, diretto e interpretato da Bebo               Storti, in scena insieme alla Compagnia dei Cattivi Maestri di Savona.
Attraverso il linguaggio universale del teatro, passando facilmente dal riso alla             commozione grazie alla maestria degli interpreti, l’associazione del Panda ha scelto di                 portare all’attenzione del grande pubblico la vicenda della centrale a carbone di                       Vado Ligure e il delicato rapporto tra salute, ambiente e lavoro, per stimolare                   una profonda riflessione sulla inalienabile esigenza di far convivere i diritti di                             cittadini   con lo sviluppo economico del Paese e la tutela del territorio.
Proprio in questi giorni, l’Italia si sta giocando una partita molto importante per               il proprio futuro: il Governo nelle prossime settimane pubblicherà la Strategia energetica nazionale, attraverso la quale si deciderà la traiettoria energetica del               Paese per almeno i prossimi 20 anni. Il Governo per la prima volta sta prendendo in               esame la possibilità di una chiusura delle centrali a carbone, ma senza chiarire bene la                 scelta dello scenario e, quindi, la data effettiva dello stop. Per il WWF Italia, la chiusura         deve avvenire entro il 2025, in linea con altri Paesi europei, dicendo addio ad una fonte           fossile causa in Italia di circa 8 morti a settimana e di una spesa sanitaria annua calcolata             di 1,4 miliardi di euro.
Lo spettacolo rientra nelle attività di sensibilizzazione della campagna Stop           Carbone del WWF Italia, che ha l’obiettivo della chiusura di tutte le centrali a carbone                in Italia entro il 2025.
Spettacolo gratuito fino a esaurimento posti:
Per prenotazioni wwfrp@wwfrp.it 
Per informazioni 06/85376509 dal lunedì a venerdì dalle 10 alle 16



17 settembre 2017

Deriva Elettrosmog, Medici ISDE: “Fermate Il 5G, È Un Rischioso Esperimento Sulla Salute”

Di Maurizio Martucci

Deriva Elettrosmog, Medici ISDE: “Fermate Il 5G, È Un Rischioso Esperimento Sulla Salute”

Tratto da Ultimavoce.it
La parabola Davide contro Golia rivive nel 5G? Da una parte (attesi gli aggiornamenti OMS sugli effetti cancerogeni dell’elettrosmog, classe 2B IARC) l’appello al Governo per anteporre all’inarrestabile avanzata dell’irradiazione elettromagnetica l’inalienabile diritto di tutelare la salute pubblica. 
Dall’altro il business per l’ipercomunicazione mondiale in wireless, ricca torta da 225 miliardi di Euro fino al 2025 (stima UE), con l’asta per le nuove frequenze prevista nella prossima legge di bilancio (introito, almeno 2 miliardi). In mezzo (tipo cavie), 4 milioni di inconsapevoli abitanti tra Milano, Bari, L’Aquila e Matera che (fonte Ministero per lo Sviluppo Economico) per primi entreranno nella sperimentale fase di lancio della tecnologia di quinta generazione, il 5G sponsorizzato dall’Europa nel 5G Action Plan come strategia “per affrontare la sfida di rendere la realizzazione di 5G per tutti i cittadini e le imprese entro la fine di questo decennio”. 
Una sfida al futuro da pagare a caro prezzo: cosa si rischia se saranno ignorate le possibili ripercussioni sanitarie dell’invisibile groviglio elettromagnetico, senza precedenti nella storia dell’umanità? Nuove mini stazioni radio base (microcelle Massive MIMO e Beamforming) saranno infatti installate sui tetti di migliaia di case italiane, si pensa addirittura una per ogni abitazione, da sommare ai 60.000 siti di ripetitori di telefonia mobile già esistenti (Telecom ne ha 17.000, Vodafone altrettanti, Wind Tre ulteriori 26.000). E in più: saranno alzati i livelli di riferimento indiretti in campo elettrico? 
Se si, come e con quali pericoli per la salute?

Urge “una moratoria per l’esecuzione delle ‘sperimentazioni 5G’ su tutto il territorio nazionale sino a quando non sia adeguatamente pianificato un coinvolgimento attivo degli enti pubblici deputati al controllo ambientale e sanitario (Ministero Ambiente, Ministero Salute, ISPRA, ARPA, dipartimenti di prevenzione), non siano messe in atto valutazioni preliminari di rischio secondo metodologie codificate e un piano di monitoraggio dei possibili effetti sanitari sugli esposti, che dovrebbero in ogni caso essere opportunamente informati dei potenziali rischi”. L’appello dell’ ISDE-Associazione Medici per l’Ambiente (l’International Society of Doctors for the Environment è in rapporto consultivo con l’OMS e l’UNECOSOC) denuncia che per promuovere il 5G si “renderà necessaria l’installazione di numerosissimi micro-ripetitori (con aumento della densità espositiva). Esiste la possibilità che quasi ogni palazzo possa avere una micro-antenna 5G”.....Continua qui
Leggi anche  su infoamica

Gli scienziati lanciano l’allarme sui possibili effetti nocivi sulla salute dovuti alla tecnologia 5G

13 settembre 2017
Noi sottoscritti, più di xxx scienziati da xxx paesi, chiediamo la moratoria all’introduzione della tecnologia di telecomunicazione di quinta generazione, detta anche “5G”, fino a che scienziati indipendenti dall’industria non avranno completamente studiato i potenziali pericoli per la salute umana e per l’ambiente. La tecnologia 5G aumenterà sensibilmente l’esposizione ai campi elettromagnetici di radiofrequenza, aggiungendoli a quelli prodotti già dalle tecnologie 2G, 3G, 4G, Wi-Fi e altre. E’ stato dimostrato che i campi elettromagnetici di radiofrequenza sono dannosi per l’Uomo e per l’ambiente.
Con l’uso sempre più intensivo delle tecnologie senza filinessuno potrà evitare di essere esposto perché, a fronte dell’aumento di trasmettitori della tecnologia 5G (all’interno di abitazioni, negozi e negli ospedali) ci saranno, secondo le stime, “da 10 a 20 miliardi di connessioni” (frigoriferi, lavatrici, telecamere di sorveglianza, autovetture e autobus autoguidati, ecc.) che faranno parte del cosiddetto Internet delle Cose”. Tutto questo potrà causare un aumento esponenziale della esposizione totale a lungo termine di tutti i cittadini europei ai campi elettromagnetici da radiofrequenza.
L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), ovvero l’agenzia che si occupa di cancro per l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), nel 2011 ha concluso che i campi elettromagnetici nelle frequenze da 30 KHz a 300 GHz sono “Possibili Cancerogeni per l’Uomo”, inserendoli nella classificazione del Gruppo 2B. Tuttavia, nuovi studi come quello del Programma Nazionale di Tossicologia degli Stati Uniti, di cui si è detto sopra, e diverse indagini epidemiologiche, tra cui gli ultimi studi sull’utilizzo di telefoni cellulari e sui rischi di cancro al cervello, confermano che le radiazioni da radiofrequenza sono cancerogene per gli esseri umani.
Gli effetti nocivi dell’esposizione alla radiofrequenza sono già stati dimostrati continua qui